In questa pagina proponiamo un modello di fattura reverse charge da scaricare e spieghiamo come deve essere compilato il documento.
Quando si emette una fattura, essa indica l’importo relativo all’IVA, oltre a quello attinente alla cessione di beni o all’erogazione di servizi. L’IVA applicata è a carico del cessionario, anche se rappresenta per questi un credito verso l’Erario, contrariamente al cedente, il quale la incassa nel prezzo pattuito, ma dovrà successivamente versarla all’Erario, essendo per lui un debito fiscale. Con il meccanismo del reverse charge, che letteralmente significa inversione dell’onere, non è più il cedente a dovere adempiere agli obblighi di versamento, ma il cessionario. L’intento di tale disciplina consiste nel minimizzare il numero delle frodi, ovvero nel disincentivare l’evasione dell’IVA, che nel nostro paese, specie in alcuni settori e in determinate regioni, è piuttosto elevata.
Vediamo cosa capita in caso di frode ai danni del fisco. Tizio emette una fattura comprensiva di IVA, Caio paga l’imposta a Tizio, il quale non la verserà all’Erario. Successivamente, Caio detrarrà dal suo monte debito IVA l’importo attinente all’IVA versata sulla fattura emessa da Tizio, con la conseguenza che non soltanto lo stato non ha visto il denaro in relazione alla transazione effettuata, ma deve oltre tutto compensare Caio per un importo corrispondente a un introito mai incassato.
Ecco, quindi, che lo stato ha trovato una soluzione, non sarà più in determinati casi Tizio a dovermi versare l’imposta, ma ad assolvere l’obbligo ci penserà Caio, ovvero il cessionario. Il campo di applicazione del reverse charge si è esteso nel tempo. Inizialmente, esso era limitato alle operazioni intrattenute tra aziende con sede in stati membri della UE, già quando l’Italia era entrata a fare parte dell’area Schengen nel 1995. Successivamente, però, sono stati previsti casi più frequenti, da ottobre del 2007, per le cessioni di immobili del terziario, da aprile 2011 per le cessioni di telefoni cellulari e microprocessori tra aziende con sede nello stesso territorio nazionale, dal marzo del 2012, per l’erogazione di servizi da parte di aziende con sede nella UE ad aziende clienti italiane, così come per l’erogazione di servizi da parte di aziende italiane a clienti con sede nel resto della UE.
Vediamo cosa bisogna fare per i casi in cui la fattura va emessa con il reverse charge. Per prima cosa, essa va integrata con l’esposizione dell’IVA, va registrata nel registro acquisti e la si registra anche come autofattura nel registro delle vendite, al fine di rendere l’operazione neutrale ai fini IVA. Così facendo, gli obblighi di assolvimento dell’imposta si invertono a carico del cessionario. Da un punto di vista operativo, poi, bisogna creare anche un apposito codice IVA, come per i casi di transazioni intracomunitarie, istituendo anche un conto transitorio in cui fare transitare le registrazioni.
Facciamo l’esempio di una fattura emessa con il meccanismo di reverse charge per un importo pari a 1000 euro + IVA al 22%. L’operazione deve essere registrata come acquisto in Avere per complessivi 1220 euro. Il costo deve essere indicato in Dare per 1000 euro, mentre l’IVA acquisti va indicata in Avere per 220 euro. Dunque, la fattura va registrata come per un consueto acquisto.
L’operazione va registrata come vendita nel seguente modo
Importo incassato in Avere per 1.000 euro, il Cliente in Dare per 1.220 euro e l’IVA Vendite in Avere per 220 euro. In sostanza, una normale registrazione di vendita.
Infine, la registrazione contabile prevede l’indicazione del Fornitore in Dare per 220 euro, il Cliente in Avere per complessivi 1.220 euro e i ricavi in Dare per 1.000 euro.
Dunque, operativamente, mentre in una normale emissione di fattura, avremmo che il venditore la registra l’IVA come debito e il cliente come credito, qui si ha una registrazione da parte del cliente sia come acquisto che come vendita, con la conseguenza che sul piano pratico l’IVA risulterà neutralizzata, ma si avrà l’obbligo di versarla al fisco.
Sul piano pratico, il venditore emette la fattura senza indicare l’IVA, ma indicando la dicitura che fa riferimento al reverse charge, Operazione non soggetta ad IVA ai sensi dell’art.17, comma 5 del D.P.R. n.633 del 1972. Pertanto, esso non dovrà procedere a versamenti al fisco.
Il cliente dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota IVA e dell’importo corrispondente, dovrà registrare il documento nel registro IVA delle fatture emesse, indicando l’IVA integrata a debito, contestualmente registrando l’IVA a credito nel registro acquisti.
Con questo meccanismo, non solo il fornitore non registra l’IVA e nemmeno la versa al fisco, ma il cliente è tenuto a registrarla, a versarla al fisco, ma senza poterla detrarre. Non si tratta evidentemente di un onere a carico di questo, se non solo sul piano procedurale, perché a fronte di una mancata detrazione, si ha anche un mancato versamento dell’imposta al fornitore.