In questa guida spieghiamo quali sono le differenze tra fattura e ricevuta fiscale.
Nel linguaggio quotidiano spesso capita di fare confusione tra termini apparentemente simili, ma che nella realtà fanno riferimento a cose diverse. Uno di questi casi si ha quando si parla di fattura o ricevuta. Non si tratta di sinonimi perché, come vedremo, ciascuna rappresenta un’operazione diversa dall’altra.
Partiamo proprio dalla ricevuta fiscale. Si tratta di un documento, che viene emesso da un commerciante, in relazione alla prestazione di un servizio, quando l’acquirente è un soggetto privato, ovvero in possesso del codice fiscale. Di solito, la ricevuta è emessa nei casi in cui per il tipo di attività svolta o per il luogo in cui essa avviene, non è possibile emettere uno scontrino fiscale, che presuppone il possesso anche di un registratore di cassa. La ricevuta deve essere emessa obbligatoriamente su richiesta del cliente e in genere la si preferisce allo scontrino, quando risulta necessario fornire al cliente maggiori dettagli sulla transazione effettuata. Dunque, la ricevuta fiscale è sostitutiva dello scontrino e la troviamo, per esempio, nel caso di transazioni effettuate nei mercatini o cessioni praticate da venditori ambulanti, nei quali casi risulterebbe scomoda o impossibile l’emissione di uno scontrino con il registratore di cassa.
Diverso è il caso della fattura, che si emette sempre nei confronti di soggetti acquirenti con partita IVA o su richiesta anche per clienti titolari del solo codice fiscale, sia in relazione alla cessione di beni che per la prestazione di servizi. Ha una funzione precisa, ovvero quella di fornire informazioni dettagliate sulla transazione effettuata, anche perché stiamo parlando di operazioni svolte tra titolari di partita IVA, i quali necessariamente, sia ai fini di bilancio che per ragioni fiscali, oltre che di buona gestione aziendale, hanno la necessità di disporre di informazioni precise sulle compravendite effettuate. Infatti, nella fattura compaiono diversi elementi obbligatori, come gli estremi identificativi del cedente, gli estremi identificativi del cliente, l’importo corrispondente alla cessione o prestazione, l’aliquota IVA applicata per ciascuna categoria di beni o servizi, l’importo lordo unitario, la quantità acquistata di ciascun bene o servizio, la somma complessiva versata e la data in cui avviene l’operazione.
Le fatture vanno registrate sia da chi le emette che da chi le riceve. Nel caso di un cliente privato, ovvero non titolare di partita IVA, è ovvio che non vi siano obblighi di registrazione e questi non è tenuto a conservare il documento, cosa obbligatoria per il cliente titolare di partita IVA e fino a tutto il tempo in cui risulta possibile essere oggetto di verifica fiscale.
Volendo fare un esempio concreto, se andiamo a comprare il pane, al termine dell’acquisto riceveremo certamente lo scontrino fiscale. Se ci rechiamo, invece, dal parrucchiere, ci sarà consegnata la ricevuta, trattandosi della prestazione di un servizio. Se, però, il panettiere sta vendendo il pane a un cliente professionista, ovvero a un rivenditore, quindi, titolare di partita IVA, dovrà fornirgli la fattura, con tutte le informazioni sopra indicate.
Dunque, l’emissione della fattura o della ricevuta o scontrino fiscale non è legata al tipo di cessione o di prestazione, ma alla tipologia del cliente. La prima è dovuta verso acquirenti con partita IVA, mentre lo scontrino o la ricevuta si emettono per un cliente finale, insomma un privato. Bisogna fare una precisazione, se Tizio acquista il pane da Caio, ma è titolare di una partita IVA, egli non dovrà ugualmente ricevere una fattura, ma un semplice scontrino, dato che sta acquistando il bene per un uso privato, ovvero per consumarlo. Solo se Tizio intende acquistare il pane per uno scopo d’impresa, dovrà ricevere la fattura.
Obblighi di registrazione non sono presenti a carico del cliente nel caso di emissione della ricevuta, mentre per la fattura bisogna effettuare le ordinarie operazioni contabili. Chi cede un bene o presta un servizio con fattura o ricevuta, dovrà versare al fisco la relativa IVA, entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello della transazione o entro il sedicsimo giorno del secondo mese successivo al trimestre di riferimento, nel caso di contribuente IVA trimestrale. Per chi vende o presta un servizio, quale che sia il tipo di documento fiscale emesso, l’IVA applicata al cliente rappresenta un debito verso l’Erario, da compensare con l’eventuale IVA a credito del periodo. Per chi acquista un bene o riceve la prestazione di un servizio con tanto di fattura, invece, l’IVA pagata rappresenta un credito verso l’Erario, da fare valere per il periodo di riferimento, compensando così l’eventuale IVA a debito.
Per fare un esempio, se Tizio vende a Caio merce per 1.000 + IVA al 22%, in fattura risulterà un’imposta pari a 220 euro, che per Tizio rappresenta un debito, mentre per Caio è un credito. Il primo la compenserà con eventuali crediti IVA del mese o trimestre, il secondo con eventuali debiti attinenti al periodo.