In questa pagina proponiamo un modello di fattura regime dei minimi da scaricare e spieghiamo come deve essere compilato il documento.
Sappiamo che dal periodo d’imposta 2015 non è più possibile aprire una partita IVA con il regime dei minimi, introdotto nel 2011 con d.l.6 luglio n.98, anche se risulta possibile continuarlo ad adottare. Coloro che emettono una fattura con il regime dei minimi devono esplicitarlo nella stessa, al fine di rendere chiari gli assolvimenti fiscali e burocratici a carico del cliente committente.
Partiamo, infatti, da una constatazione, il professionista sottoposto a regime ordinario si vede decurtare il compenso da parte del committente della ritenuta d’acconto, pari al 20% dell’importo lordo pattuito. In altre parole, il cliente, ovvero chi si avvale dei servizi del professionista, opera da sostituto d’imposta, essendo tenuto ad assoggettare il compenso erogato alla ritenuta d’acconto, la quale va contestualmente versata all’Erario. Con il regime dei minimi, questa incombenza viene meno. Del resto, una delle ragioni per cui esso è stato introdotto anni fa consisteva proprio nell’agevolare quanti avrebbero potuto avvalersene, sgravando gli adempimenti burocratici, oltre che riducendo gli oneri fiscali.
Per fare in modo che il committente sia consapevole che non dovrà sottoporre il compenso a ritenuta d’acconto, il professionista dovrà emettere la fattura con la seguente dicitura: “Compenso non assoggettato a ritenuta d’acconto ai sensi dell’art.27 del D.L. n.98 del 06.07.2011”. In ogni caso, alla fattura di importo superiore a 77,47 euro va applicata una marca da bollo da 2,00 euro. Essa va rilasciata al cliente e una copia va conservata da chi emette la fattura.
I contribuenti sottoposti a regime dei minimi possono applicare sulla fattura elettronica una marca da bollo virtuale, ma a tale proposito dovranno ricevere la relativa approvazione dell’Agenzia delle Entrate su richiesta, in via preventiva o consultiva. Nel primo caso è necessario comunicare all’ente il presunto valore delle fatture elettroniche, che verranno emesse nell’arco dell’anno. Grazie a questa procedura, si potrà calcolare il valore delle marche da bollo virtuali da versare attraverso il modello F23. Nel secondo caso, invece, la comunicazione deve avvenire nell’anno successivo a quello di emissione della fattura, nel mese di gennaio, inviando il numero dei documenti emessi nell’arco dell’esercizio. Con questo secondo metodo, il valore delle marche da bollo da assolvere potrà essere calcolato in maniera puntuale, tenendo conto anche dell’eventuale credito accumulato nell’anno precedente.
Tra un professionista sottoposto a regime ordinario e un altro che si avvale a regime dei minimi esiste un’altra rilevante differenza, il primo emette la fattura con l’indicazione dell’IVA rivalsa sui clienti, mentre il secondo no. In altre parole, il contribuente sottoposto a regime dei minimi non emette fattura comprensiva di IVA. A questo proposito, però, dovrà chiarirne la fonte normativa al cliente, attraverso la seguente dicitura, Operazione effettuata da soggetto appartenente a regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità di cui all’art.27 commi 1 e 2 D.L. 98/2011.
Spieghiamo meglio il passaggio di cui sopra, sebbene sia scontato per chi sia titolare di un’attività economica e per i lavoratori autonomi e liberi professionisti. Quando si cede un bene o si presta un servizio, oltre al prezzo pattuito con il cliente è necessario indicare in fattura anche l’importo IVA applicato, sulla base delle aliquote fissate dalle norme fiscali per ciascuna categoria merceologica. Pertanto, immaginando di vendere merce per complessivi 10.000 euro e supponendo che questa sia sottoposta ad aliquota del 22%, in fattura comparirà anche la voce relativa all’importo IVA, pari a 2.200 euro. Pertanto, l’importo complessivamente sborsato dal cliente sarà di 10.000 + 2.200 = 12.200 euro. Per colui che emette la fattura, ovvero il venditore di beni o erogatore di servizi, l’importo IVA applicato sulle vendite rappresenta un debito verso l’Erario, mentre per l’acquirente esso sarà un importo a credito verso l’Erario, che potrà utilizzare come rivalsa, appunto, contrapponendolo ai debiti verso l’Erario medesimo. Questo meccanismo non vale per i titolari di partita IVA sottoposti a regime dei minimi, in quanto non devono indicare alcuna IVA sulla fattura, essendo sgravati dalle incombenze fiscali e burocratiche relative. Pertanto, non saranno esposti ad alcun debito ai fini IVA sulle fatture emesse e i loro clienti non matureranno alcun credito.
Vediamo quali sono i vantaggi dei titolari di partita IVA con regime dei minimi e chi ne può beneficiare. Quanto ai primi, si è sottoposti a un’aliquota forfetaria del 5% sui compensi, in sostituzione dell’IRPEF e relative addizionali comunale e regionale. Non si è assoggettati ad alcuna ritenuta d’acconto e all’IRAP, non si è sottoposti alle aliquote IVA, agli studi di settore e agli obblighi di registrazione contabile. Questi vantaggi sono validi per il primo anno di applicazione e per i 4 periodi d’imposta successivi. Tuttavia, per i giovani di età inferiore ai 35 anni è possibile godere di questo regime fino a un massimo di 15 anni e nel limite dell’età massima dei 35 anni. Per esempio, un imprenditore di 20 anni di età potrà godere del regime dei minimi per 15 anni, ovvero fino al raggiungimento dei 35 anni di età.
Esistono, però, alcune limitazioni di cui si deve tenere conto, quando si richiede tale regime agevolato sul piano fiscale e non solo, bisogna avere maturato negli esercizi precedenti ricavi annui non superiori a 30.000 euro, non avere mai esercitato attività imprenditoriali nei tre anni precedenti l’inizio di una nuova attività e la nuova attività non deve essere la prosecuzione della precedente, tranne nel caso in cui questa consistesse in una pratica professionale obbligatoria o il lavoratore dimostri di avere perso il lavoro o di essere stato posto in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà.
Una volta che ci si avvale del regime dei minimi, è necessario non superare il limite dei 30.000 euro all’anno per i ricavi, non effettuare cessioni relative alle esportazioni, non avvalersi di collaboratori e di lavoratori, non erogare utili ad associati in partecipazione che hanno apportato solo lavoro, non avere acquistato beni strumentali nel triennio precedente per un controvalore complessivo superiore ai 15.000 euro. Chiaramente, quanto al requisito dei ricavi, visto non è possibile conoscerne l’ammontare effettivamente maturato nell’anno, parliamo di una presunzione. Risulta essere evidente che nel caso di superamento di tale importo nel corso dell’anno, il requisito viene perduto e il regime dei minimi non sarà applicato, dovendosi applicare ai compensi percepiti le norme relative al regime ordinario. I professionisti restano assoggettati anche con regime dei minimi alla contribuzione prevista dalle rispettive casse previdenziali.
Non possono beneficiare del regime dei minimi i non residenti in Italia, quanti si avvalgano di particolari regimi ai fini IVA, quanti sono attivi nella vendita di fabbricati, terreni edificabili ed auto nuove, chi partecipa a società di persone, associazioni assimilate e srl trasparenti. Quanto agli adempimenti specifici previsti per i beneficiari, rimandiamo alle due diciture sopra indicate, quella relativa all’esenzione dell’IVA e l’altra sulla non sottoposizione del compenso a ritenuta d’acconto.
In definitiva, la fattura emessa da un contribuente sottoposto a regime dei minimi si distingue per due eccezioni, la prima è che essa non prevede l’assoggettamento del compenso alla ritenuta d’acconto da parte del cliente committente, che ordinariamente opera in qualità di sostituto d’imposta, la seconda risiede nella non applicazione dell’IVA sull’importo. Entrambe le peculiarità dovranno essere specificate al cliente, per fare in modo che egli abbia idea delle incombenze burocratiche a cui non è tenuto.